giovedì 12 febbraio 2015

. . . 10 febbraio, "Giorno del ricordo".

. . . in occasione del "Giorno del ricordo 2015", ho sentito esporre tante idiozie e falsità sulle foibe in un tentativo, sgangherato e grossolano, di revisionismo storico proposto dalla incolta e cialtrona destra nostrana.
Non faccio commenti in merito ma, per chi volesse saperne di più da un punto di vista storico di come sono andate veramente le cose, riporto di seguito alcuni passi di un manuale di Storia.

"Stragi filonaziste: i campi di concentramento nella Jugoslavia occupata.
Il 6 aprile del 1941 l’esercito italiano e quello nazista invadono la Jugoslavia. La Slovenia viene smembrata fra Italia (che diventa provincia di Lubiana) e Germania. Per quanto riguarda la Croazia, il 18 maggio Aimone di Savoia, diventa re di Croazia, con il collaborazionista Ante Pavelic primo ministro.
Le prime formazioni partigiane slovene iniziarono la loro azione nel luglio del 1941, con effettivi molto limitati. Il primo tentativo di annientamento del movimento di liberazione jugoslavo con un’azione congiunta italo-tedesca, viene realizzato nell’ottobre del 1941. Esso termina con un totale fallimento, malgrado l’uso sistematico del terrorismo verso le popolazioni civili, le stragi, le distruzioni, le rappresaglie verso i partigiani e le loro famiglie (solo a Kragulevac, sono fucilate 2300 persone). Con l’inasprimento della lotta, i nazifascisti tentarono una seconda offensiva, con 36.000 uomini, con scarsi risultati, moltissime vittime. I partigiani riescono a sfuggire al tentativo di accerchiamento. La terza offensiva si svolge dal 12 aprile al 15 giugno 1942, sotto la direzione del generale Roatta. Ancora una volta grandi perdite, stragi e distruzioni: non viene raggiunto l’obiettivo di annientamento. Si intensificano le azioni contro la guerriglia in Slovenia da parte del XI Corpo d’Armata, quattro Divisioni italiane, insieme a fascisti sloveni della “Bela Garda” (Guardia Bianca). Sempre feroci le azioni di terrorismo contro i civili e la deportazione delle popolazioni di intere zone […]. In Slovenia, dall’ottobre del 1941, il tribunale speciale pronuncia le prime condanne a morte, il mese dopo entra in funzione il tribunale di guerra. La lotta contro i partigiani, che sono una realtà in espansione, si sviluppa nella strategia politica-operativa rivolta alla colonizzazione di quei territori. Con l’intervento diretto dei comandi militari italiani la violenza si esercita in svariate forme: esecuzioni sommarie sul posto, incendi di paesi, deportazioni di massa, esecuzioni di ostaggi, rappresaglie a scopo punitivo, saccheggiamento dei beni, setacciamento delle città, rastrellamenti […]. Prende corpo il progetto di deportazione, con trasferimento forzato degli abitanti della Slovenia, progetto che i comandi discutono con Mussolini in un incontro a Gorizia il 31 luglio del 1942 e che non si realizza per l’impossibilità di domare la ribellione e il movimento partigiano. Nel clima di repressione instaurato dall’occupazione militare, per il regime fascista nasce l’esigenza di creare strutture per concentrare un gran numero di civili, deportati da quelle regioni.
In una lettera spedita al Comando supremo dal generale Roatta l’8 settembre del 1942 (n. 08906), viene proposta la deportazione della popolazione slovena. “In questo caso, scrisse, si tratterebbe di trasferire al completo masse ragguardevoli di popolazione, di insediarle all’interno del regno e di sostituirle con popolazione italiana”. I campi di concentramento italiani sono almeno 31 (a Kraljevica, Lopud, Kupari, Korica, Brac, Hvar, […]), disseminati dall’Albania all’Italia meridionale, centrale e settentrionale, dall’isola adriatica di Arbe a Gonars e Visco nel Friuli, a Chiesanuova e Monigo nel Veneto. Solo nei lager italiani muoiono 11.606 sloveni e croati. Nel lager di Arbe muoiono 1.500 circa. Vi sono internati sloveni e croati ma anche zingari ed ebrei […]. A Melada in Dalmazia, il 29 giugno del 1942 arriva il primo trasporto, con 76 uomini, 103 donne e 44 bambini, […]. Il 15 agosto del 1942 sono rinchiusi 1.021 donne, 866 uomini e 450 bambini, di cui 10 nati nel campo. Molti prigionieri sono trasferiti in Italia, alle Fraschette di Alatri in particolare. Il maggior numero di presenze si registra, […] nel 1942 con 2.400 prigionieri. Il campo chiude il 9 settembre del 1943. Le stime dei ricercatori e degli storici valutano in circa 10.000 il totale di prigionieri passati per Melada, con un numero di morti pari a 954. Il questo totale non è possibile sapere se sono compresi i 300 fucilati quali ostaggi. Altri campi sono organizzati a Mamula e Prevlaka, nel Cattaro […]. Certo che il campo più tristemente famoso fu quello di Arbe, ove alla fine di giugno del 1942, dopo aver evacuato gli abitanti della zona scelta per l’insediamento del campo […] i soldati italiani installarono mille tende, ciascuna di sei posti.

Le foibe e la questione di Trieste.
Le foibe sono cavità carsiche, solitamente di origine naturale (grotte), con ingresso a strapiombo. Le foibe sono diffuse soprattutto nella provincia di Trieste, nelle zone della Slovenia già parte della scomparsa regione Venezia Giulia nonché in molte zone dell’Istria e della Dalmazia. Le foibe sono state usate per occultare cadaveri in diversi periodi storici, in particolare nel corso della seconda guerra mondiale. La storia delle foibe nel 1943-1945, che vide protagonista il movimento partigiano di Tito, ha molte ascendenza, ma certamente la più rilevante è quella che ci porta alle origini del fascismo nella Venezia Giulia […]

Le prime foibe del settembre 1943.
Nel clima di vendetta che segue l’armistizio dell’8 settembre 1943, si registra il primo fenomeno di foibe, in Istria e in Dalmazia, con l’uccisione da parte dei titini di alcune centinaia di italiani. Segue una nuova ondata di violenze di matrice nazifascista. Per l’occupazione dell’Istria (completata nell’ottobre del 1943) i nazisti, guidati dai fascisti, la mettono a ferro e fuoco – se ne vantano nei loro stessi documenti -, con l’incendio di decine di villaggi, l’uccisione di 3000 partigiani e la deportazione nei campi in Germania di oltre 10.000 persone.

Le foibe maggio-giugno 1945.
Tra marzo e aprile 1945, alleati e jugoslavi si impegnarono per la corsa per arrivare primi a Trieste. Vince la IV armata di Tito che entra in città il 1° maggio. Nelle stesse ore i titini entrano anche a Gorizia. Come scrive Gianni Oliva, gli ordini di Tito e del suo ministro degli esteri Kardelj non si prestano ad equivoci: “Epurare subito”, “Punire con severità tutti i fomentatori dello sciovinismo e dell’odio nazionale”. Come recita il testo definitivo dell’analisi bilaterale Italia-Slovenia dell’aprile del 2001: il movimento partigiano di Tito scatena “un’ondata di violenza nella zona di Trieste, nel Goriziano e nel Capodistriano”, che portò “all’arresto di molte migliaia di persone, in maggioranza italiane, ma anche slovene contrarie al progetto politico comunista jugoslavo”; a centinaia di esecuzioni sommarie e immediate nelle foibe; a deportazioni nelle carceri e nei campi di prigionia (tra cui va ricordato quello di Borovnica)”. La commissione, su questo punto, cerca di analizzare il contesto storico che portò a queste efferatezze: “Tali avvenimenti si verificarono in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e appaiono essere il frutto di un progetto politico preordinato in cui confluivano diverse spinte: l’eliminazione dei soggetti legati al fascismo e l’eliminazione preventiva di oppositori reali”. Il tutto nasceva “da un movimento rivoluzionario che si stava trasformando in regime, convertendo in violenza di stato l’animosità nazionale ed ideologica diffusa nei quadri partigiani”. L’ondata di violenze finì il 9 giugno del 1945, quando Tito e il generale Alexander tracciarono la linea di demarcazione Morgan, che prevedeva due zone di occupazione – la A e la B – dei territori goriziano e triestino, confermate dal Memorandum di Londra del 1954.E' la linea che ancora oggi definisce il confine orientale dell'Italia. La persecuzione degli italiani, però, durò almeno fino al 1947, soprattutto nella parte dell’Istria più vicina al confine e sottoposta all'amministrazione provvisoria jugoslava.

Le radici delle foibe.
La commissione Italo-Slovena nella sua relazione dell’aprile 2001, ha cercato di analizzare il contesto storico che portò a queste nefandezze: […]. Quindi, come ha scritto lo storico Enzo Collotti, “fino a quando si continuerà a voler parlare della Venezia Giulia, di una regione italiana, senza accettarne la realtà di un territorio abitato da diversi gruppi nazionali e trasformato in aria di conflitto interetnico dai vincitori del 1918, incapaci di affrontare i problemi posti dalla co-presenza di gruppi nazionali diversi, si continuerà a perpetuare la menzogna dell’italianità offesa e a occultare (non solo a rimuovere) la realtà dell’italianità sopraffattrice […]. Ma cosa sa tutt’ora la maggioranza degli italiani sulla politica di sopraffazione del fascismo contro le minoranze slovene e croata (senza parlare dei sudtirolesi o dei francofoni della Valle d’Aosta), addirittura da prima dell’avvento del potere; della snazionalizzazione (proibizione della propria lingua, chiusura di scuole e amministrazioni locali, boicottaggio del culto, imposizione di cognomi italianizzati, toponimi cambiati) come parte di un progetto di distruzione dell’identità nazionale e culturale delle minoranze e della distruzione della loro memoria storica? […]. Cosa sanno dell’occupazione e dello smembramento della Jugoslavia e dell’annessione della provincia di Lubiana al regno d’Italia, con il seguito di rappresaglie e repressioni […]? Che sanno degli ultranazionalisti italiani che nel loro odio anti-slavo fecero causa comune con i nazisti insediati nel Litorale adriatico, sullo sfondo della Risiera di San Sabba e degli impiccati di via Ghega? Ecco che cosa significa parlare delle foibe: chiamare in causa il complesso di situazioni cumulatesi nell’arco di un ventennio con l’esasperazione di violenza e di lacerazioni politiche, militari, sociali concentratesi in particolare nei cinque anni della fase più acuta della seconda guerra mondiale. E’ qui che nascono le radici dell’odio, delle foibe, dell’esodo dall’Istria”.

(da INDAGINI di Cesira d’Agostino e Nicola Rizzuti. Corso di storia della scuola secondaria superiore - Loffredo Editore)



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