domenica 3 agosto 2014

. . . kg o “zocca”?


Sono perfettamente consapevole d'avventurarmi in un terreno minato ma l'esperienza vissuta non posso tenerla solo per me.

Premessa:
nei ristoranti ascolani e dei dintorni si possono degustare solo pessime olive fritte all'ascolana. Questo posso assolutamente confermarlo dopo aver avuto occasione di degustare le olive, home made, della signora Maria Teresa.

La signora Maria Teresa ci accoglie con raffinata gentilezza e con un grande vassoio di olive fumanti, appena fritte.
L'ampio vassoio emana un invitante profumo, a una prima osservazione m'incuriosisce non poco perché le olive sopra raccolte si presentano in modo diverso da quanto siamo abituati a vedere di solito.

Queste si presentano piccole, di colore appena dorato, con poco pane grattugiato sopra tanto da far trasparire la sottostante drupa dell'oliva verdastra.

Il miracolo avviene al momento di assaggiarle: il profumo emanato è delicato ma intenso, al palato si presentano con sapore caratteristico e retrogusto amarognolo della polpa dell'oliva originaria. Insomma, una vera squisitezza mai assaggiata prima!

Il successo è tale che non si parla d'altro, e la domanda ricorrente di noi ospiti è: quale il segreto per un cibo degno degli Dei e non per dei comuni mortali come noi?

Altra sorpresa: la signora Maria Teresa, con grande cortesia e dovizia di dettagli ci descrive i suoi “segreti”, tutti accompagnati da un'accurata spiegazione degli aspetti culinari e scientifici delle sue scelte.
Mi ha veramente sorpreso le conoscenze tecniche e chimico-fisiche dell'anziana signora e ho capito che quel risultato che avevo appena assaggiato non era casuale ma fonte di una accurata e lunga esperienza culinaria e di ricerca.

La signora ci spiega che le olive verdi li prende solo da Franco, suo fornitore di fiducia, perché può farle avere vere olive tenere ascolane e non surrogati provenienti da non so dove. C'inforna che la carne presa da Tonino deve essere cucinata a tocchetti e non macinata, maiale, manzo e tacchino perché cuociono negli stessi tempi, se si usa il pollo invece del tacchino questo va aggiunto in ritardo per evitare lo stracotto e un sapore non idoneo.

La signora ci informa che usa macinare lo “spezzatino”, una volta cotto, con una macchinetta manuale senza usare un energico tritacarne perché quest'ultimo ne varia il sapore dei componenti.
Che la signora abbia realizzato tutto ciò con la sola esperienza è straordinario perché in effetti se si macina troppo energicamente le carni se ne apre completamente le cellule e il sapore cambia sostanzialmente!

C'informa che le olive snocciolate vanno riempite con tanto ripieno quanto è lo spazio lasciato dal nocciolo o poco di più ma non vanno preparate delle vere e proprie "polpette" perché così si disperde completamente il sapore amarognolo caratteristico dell'oliva.
Una passata sulla farina, poi sull'uovo sbattuto, in fine sul pane grattato. Maria Teresa c'informa che lei usa scuotere con energia, su un opportuno setaccio, le olive così preparate al fine di rimuove tutto il pane grattugiato in eccesso: ci spiega che il pane si imbibisce di olio di cottura e questo non è bene per un buon risultato finale!

Ultimo atto: la frittura.
La signora ci spiega che lei usa solo olio di arachidi perché più stabile (com'è vero! E' quello che ha in minor numero di doppi legami coniugati!), lo usa per un solo ciclo di cottura e questa deve essere assolutamente breve, solo pochi secondi.
Perché?
La signora, giustamente, ci spiega che tutto è già cotto e manca solo lo strato sottilissimo di uovo sbattuto per il quale 15, 20'' di frittura con olio bollente sono più che sufficienti.
Ci spiega inoltre che, vista l'alta temperatura dell'olio di frittura, il brevissimo tempo di cottura è indispensabile al fine di non modificare il sapore organolettico del ripieno!

Posso garantire che il risultato è assolutamente straordinario e merita tanta, tanta attenzione.


Mi sorge una domanda: siccome i produttori di olive ripiene le vendono a peso (kg) è ovvio che cercano di ottimizzare il processo producendo grosse olive ripiene più simili a polpette che altro. Forse sarebbe opportuno stabilire un disciplinare che prevede la vendita a “zocca”.
Si insomma a numero anziché a peso, la qualità ne guadagnerebbe di sicuro!



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